VIVERE NEL PASSATO

vivere nel passato

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Il tempo non conosce tempo.

Scorre, come un fiume, e continua a farlo, senza quasi rendersene conto.

A coglierlo siamo noi piuttosto, che di tempo non ne abbiamo poi tanto.

Giusto il tempo di una vita.

ANDARE AVANTI SENZA META

Ci sono giorni in cui ci si sente come un bastone portato in braccio dalla corrente.

Per alcuni è piacevole tutto questo: lasciare che sia qualcun altro a scegliere.

Fa sentire liberi e sereni.

Come un bambino che, lontano dall’onere della guida, osserva il paesaggio dal finestrino con la serenità di chi sa che, ovunque arriverà, lì sarà casa.

Per altri, invece, tutto questo mette una grande angoscia.

Si ha subito l’impressione di stare perdendo tempo e la cosa non è piacevole.

Affatto.

A non essere piacevole è l’idea di stare perdendo qualcosa in tutto questo scorrere.

Qualcosa di importante.

Qualcosa senza il quale si crede di non poter andare avanti.

Non serenamente, per lo meno.

DISTACCARSI DAL PROPRIO CORPO

Si va avanti con il corpo, questo sì, benché di questo se ne perda rapidamente ogni contatto.

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Sarà lui, infatti, ad andare avanti e fare da scudo ad ogni dardo scagliato dal tempo.

Di tale distacco ce ne si accorge soltanto più tardi, scoprendosi come d’improvviso in un corpo più vecchio e acciaccato di quanto non si pensasse.

C’è chi se ne avvede, ad esempio, osservandosi le mani dopo tanto tempo, scoprendole ora così simili a quelle che un tempo scrutava con stupore nel corpo “antico” di un caro parente.

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Altri invece se ne rendono conto scorgendo dai riflessi di uno specchio il loro volto come cambiato, nei lineamenti e nell’espressione.

È in casi simili che si realizza che una parte di sé non è forse mai stata veramente lì, in quel tempo, che in molti chiamato “presente”.

RIVANGARE IL PASSATO

Altrove, piuttosto, sembrava rivolta la propria attenzione.

In un tempo distante, di quelli che oramai non ci sono più.

Ogni sorriso ed ogni gioia è infatti lì che trova dimora.

Lontano da occhi indiscreti.

Ed è lì che spesso si fa ritorno con la mente:

quando tutti intorno gioiscono del tempo presente;

quando tutti vorrebbero condividere con noi la spensieratezza di quel momento;

quanto tutta questa gioia ed entusiasmo ci ricordano del nostro entusiasmo, sepolto chissà dove in mezzo ai ricordi.

La nostra casa oramai è distante.

VUOTO ESISTENZIALE

Quanto costa mantenere vivo un sogno!

Specie quando la vita ci mostra la vacuità dell’ideale per il quale si era deciso di lottare.

Fa sembrare tutto così vuoto e privo di significato.

Una condizione di costante depressione e frustrazione dalla quale si fa fatica ad uscire.

Che senso ha infatti la vita quando tutto ciò a cui più si teneva sembra impossibile da raggiungere?

Dove trovare la forza e la motivazione per andare avanti quando tutto ciò che si vorrebbe è rimanere agganciati al passato?

METABOLIZZARE LA FINE

Si sa che la cosa più giusta sarebbe quella di andare avanti accettando la dura realtà che si starebbe vivendo.

Ma delle volte non si fa niente perché ciò avvenga.

Al contrario, si fa tutto l’opposto.

Guardare foto, leggere vecchi appunti, ascoltare particolari canzoni.

Tutto nel tentativo di mantenere vivo un ricordo; quel piccolo e breve spiraglio dove tutto sembra avere nuovamente un senso.

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«  […] Quando, dovunque io sia, vengo presa dall’inquietudine, nel mio spirito ritorna il giardino. Il giardino è il punto dal quale sono partite le mie sensazioni, lo spazio, eternamente immutabile, dove trovo la misura delle cose ».

(Banana Yoshimoto)

Non è facile accettare che possa avere fine ciò che si è sempre creduto eterno.

Richiede tempo e opportune riflessioni personali.

Come può infatti un amore svanire nel nulla?

Come può un ideale rivelarsi nient’altro che una mera fantasticheria?

E con che coraggio ci si potrebbe guardare nel disattendere quelle promesse fatte tempo addietro a se stessi?

Già, a se stessi.

Lo sguardo più temuto si mostra infatti quello che noi per primi potremmo volgere verso noi stessi nel vedere tradito un principio o un ideale difeso fino a poco tempo prima con fatica e con impegno.

Tutte le critiche e le sentenze, che in precedenza si rivolgeva a chi trasgrediva a tali principi, diverrebbero ora critiche e sentenze dirette verso la propria persona.

Come poter reggere il peso di tali auto-accuse?

A quale altro valore aggrapparsi per potersi permettere di lasciare il passato alle spalle?

VERSO L’ACCETTAZIONE

A volte piccoli raggi di luce si scorgono all’orizzonte anche nei momenti di tempesta.

Ci sono momenti in cui si ha come l’impressione che l’ostinazione, con cui si cercava di mantenere vivo un sogno, non rappresenta altro che un semplice capriccio giovanile.

Una pretesa, in pratica, che le cose debbano andare diversamente da come in realtà normalmente vanno.

È allora che ci si sente subito in difetto nell’immaginarsi in tali vesti.

Da persone rette e tenaci, ci si vede d’un tratto cocciuti e testardi.

Il peso della propria coerenza, che fino a poco tempo prima si portava con onore sulle spalle, viene vissuto allora come una sofferenza giusta e meritata.

Non già come un qualcosa di cui andare fieri, ma solo l’espressione di una propria rigidità mentale e caratteriale.

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Un nuovo valore è allora quello a cui si inizia a votare la propria causa.

Un valore figlio della sofferenza che si vive nel mettere in discussione quanto ci permette di dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

O forse nient’altro che una diversa declinazione dello stesso valore di fondo, difeso non più a spada tratta, ma con la saggezza di chi, deponendo le armi, ha appreso il gusto della pace.

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