NON ESSERE SE STESSI

non essere se stessi

scritto da Dr. Alessio Congiu

Un interessante fenomeno che spesso si riscontra in chi si trova a dover fronteggiare alti livelli di ansia sociale è il ritrovarsi  impossibilitati a mostrarsi agli degli altri per come in realtà si crederebbe di essere.

Proviamo a comprendere più nello specifico in che consiste questa forma di disagio.




QUANDO SI PRESENTA

È una sensazione piuttosto comune, a dire il vero.

Solitamente ce si presenza quando ci si accorge di aver intessuto legami interpersonali mostrando di sé un’immagine diversa da quella con cui più intimamente ci si identifica.

Tutte le persone, infatti, cercano di dare agli altri una buona impressione di sé.

Questo appare particolarmente vero quando interessati a stringere con questi un certo tipo di rapporto, sia esso di natura amicale o sentimentale.

È una dinamica sociale ben nota, avente una chiara funzione evoluzionistica.

Se nell’atto del corteggiamento gli animali cercano di ammaliare gli esemplari del sesso opposto per essere scelti come partner sessuali, negli esseri umani capita di dare di sé l’impressione migliore.

non essere se stessi

Non a caso il famoso sociologo canadese Erving Goffman parla della “vita sociale” come di una rappresentazione.

In questa rappresentazione, i diversi agenti sociali reciterebbero di volta in volta il ruolo che più riterrebbero idoneo per rendere prevedibile e comprensibile il loro comportamento agli occhi degli altri.

Solitamente questo capita per essere scelti nelle diverse sfere della propria vita interpersonale. 

Le motivazioni possono dunque essere diverse e molto soggettive.

PERCHÉ  SI MANIFESTA

Tale dinamica diventa più evidente in due casi:

  • in presenza di una convinzione profonda di inadeguatezza nell’ambito dei rapporti interpersonali;
  • quando è presente un bisogno di inclusione sociale spesso frustrato o intensificato a seguito di dolorose esperienze di esclusione sociale.

In pratica, quando si avverte il forte desiderio di essere accettati, ma si teme al contempo di poter essere giudicati negativamente, si “fingerebbe” di essere una persona diversa da quella che si crederebbe di essere.

Non una persona qualunque, tuttavia, sarebbe quella che si cercherebbe di emulare; piuttosto, quella che con maggiore probabilità si crederebbe di poter essere accettata dagli altri.

non essere se stessi

L’ansia sociale che quindi si vivrebbe sarebbe dunque riconducibile al timore di poter essere scoperti in questo bonario gioco di finzione.

Pena il rischio di ricevere quegli stessi giudizi negativi che hanno motivato a questo bonario gioco di ruolo.

Lo svelamento accidentale di sé, inoltre, verrebbe vissuto con maggiore preoccupazione in quanto, alla critica originariamente temuta, si sommerebbe l’eventuale accusa di falsità per aver tenuto nascosta la propria vera identità.

Questo accrescerebbe la convinzione soggettiva di poter essere allontanati ed esclusi.

Questo dunque lo scenario angosciante di chi si trova a vivere una simile condizione: la paura che le persone con cui si è costruito un legame possano tagliare improvvisamente i rapporti a motivo del comportamento ingannevole tenuto nei loro confronti e dell’inadeguatezza che percepirebbero osservando la persona per come è veramente.




CONSEGUENZE

L’aspetto di rilievo in tale dinamica è che, tanto più i rapporti interpersonali costruiti in precedenza andassero avanti nel corso del tempo, quanto più l’ansia sociale andrebbe crescendo.

Il motivo è rintracciabile a nella maggiore delusione che si penserebbe di poter destare nell’altro, come pure della maggiore importanza che avrebbe acquisito la relazione.

L’interruzione di un rapporto, dopo tutto, è più dolorosa quando si investe più tempo ed energie per mantenerla nel tempo.

Agli scenari di esclusione sociale iniziali si sommerebbero così anche quelli di perdita delle relazioni costruite in precedenza.

Questo comporterebbe un’esperienza affettiva via via sempre più difficile da contenere e gestire.

L’esito finale a cui porterebbe il non mostrarsi per come si crederebbe di essere sarebbe la sensazione di perdere i confini tra il proprio volto e lamaschera” che si sarebbe indossata.

Come se si diventasse un tutt’uno con il personaggio che si fosse impersonato nel corso del tempo.

Inutile dire che ciò porterebbe a vivere la spiacevole sensazione di perdita della propria autenticità, a cui conseguirebbe uno stato disagevole di confusione, ansia e disorientamento.

non essere se stessi

L’ERRORE LOGICO DI FONDO

Se ad una prima lettura tale razionale appare ineccepibile, un’analisi più approfondita non può che mostrarne i diversi errori logici.

Primo fra tutti il fatto di ritenere che le persone con le quali si fosse costruito un rapporto interpersonale non si fossero già accorte di tale gioco di “finzione”.

Il seguire le diverse regole sociali richiede infatti a ciascun attore sociale di recitare un ruolo diverso rispetto a quello che si avrebbe voglia di impersonare.

Questo rende più facile comprendere come la visione di un gioco di “finzione” così sostenuto rispetterebbe effettivamente simili aspettative sociali.

In parole povere, da buoni attori sociali quali siamo, si sarebbe già in grado di comprendere la recita messa in atto nelle diverse dinamiche interpersonali.

La staremmo infatti portando avanti nelle diverse sfere della nostra vita sociale.

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L’ILLUSIONE DI CONTROLLO

Ciascuno di noi è dotato di un certo di grado di “difese psichiche” a protezione del dolore e della sofferenza derivante dalla possibile opera manipolativa altrui.

Sarebbero dunque tali difese a consentire alle persone di non credere al 100% a tutto ciò che verrebbe loro detto o mostrato; a maggior ragione se l’immagine che si starebbe mostrando fosse in qualche modo simile a loro stessi.

C’è sempre qualcosa dell’altro, infatti, nell’immagine che si starebbe mostrando di sé, a motivo del desiderio di essere ben accettati dagli altri.

Tali giochi sociali, tuttavia, vengono spesso riconosciuti dall’esterno, specialmente col crescere dell’età, grazie alla maggiore comprensione di queste normali dinamiche sociali.

Il motivo per il quale spesso non ci si rende conto di questo è banalmente per il fatto che le proprie paure spesso impediscono di confrontarsi con gli altri su questi specifici temi.

Si ha forse un bisogno intrinseco di trovare una protezione dalla sensazione di vulnerabilità che si percepirebbe laddove si mostrasse a nudo la propria persona.

Come una forma di illusione di controllo del modo con cui gli altri ci potrebbero vedere.




COME CI VEDONO GLI ALTRI

Naturalmente, le persone con le quali si stesse mostrato quell’immagine di sé ritenuta più accettabile non hanno sempre ben chiaro il motivo sottostante per il quale si starebbe invece nascondendo l’immagine più vicina alla propria esperienza interiore.

Come descritto in precedenza, infatti, ad essere accessibile agli altri è unicamente il nostro aspetto esteriore e il nostro comportamento.

Vero è, tuttavia, che alcuni indicatori corporei (es., postura, sudorazione) e comportamentali (es., balbettio, tono di voce basso) possano portare chi ci circonda a comprendere immediatamente il nostro stato interiore.

Si pensi ad esempio al rossore del viso, che testimonia meglio di quanto possano fare le parole, il nostro stato di vergogna e imbarazzo.

non essere se stessi

Non a caso, chi sperimenta alti livelli di ansia sociale può temere al tempo stesso di far trapelare all’esterno simili indizi, assumendo quell’atteggiamento diffidente e ipercontrollante che porta paradossalmente ad attirare l’attenzione su di loro.

In pratica, si adotterebbe lo stesso ragionamento anche per quanto riguarda i più comuni indicatori della propria ansia sociale, manifestando nei loro confronti una forte preoccupazione; la famosa paura della propria paura sociale.

Potremmo dunque concludere che, a comprendere un po’ più in profondità chi si starebbe nascondendo sotto la nostra maschera, fossero quelle stesse persone più interessate all’attore più che al personaggio da esso impersonato.




PERCHÉ NON VENIAMO SMASCHERATI

Se così fosse, verrebbe dunque da chiedersi il motivo per il quale tali persone non fossero loro stesse le prime a svelare il segreto che dall’altra parte non si riuscisse a rivelare.

A ben pensare, tuttavia, questo non stupisce.

Se infatti queste persone realmente a cuore la nostra persona, perché esporci a quella sensazione di profondo imbarazzo, quale è quella che potremmo vivere  nell’essere esposti a nudo nelle nostre più intime fragilità?

Ecco dunque come potrebbero vederci gli altri: persone particolarmente sensibili al giudizio altrui.

In pratica, quegli stessi comportamenti, adottati per nascondere quella parte di sé che si temeva potesse venire giudicata negativamente dagli altri, diventano essi stessi un indicatore a disposizione dell’altro per scorgere il nostro vero carattere.

Da qui la scarsa utilità del nascondersi e del non mostrarsi per come si è veramente, come pure della possibilità di essere rifiutati da coloro con cui si sarebbe più intimamente legati qualora ciò dovesse realmente accadere.

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Un interessante fenomeno che spesso si riscontra in chi si trova a dover fronteggiare alti livelli di ansia sociale è il ritrovarsi  impossibilitati a mostrarsi agli degli altri per come in realtà si crederebbe di essere.

Proviamo a comprendere più nello specifico in che consiste questa forma di disagio.




QUANDO SI PRESENTA

È una sensazione piuttosto comune, a dire il vero.

Solitamente ce si presenza quando ci si accorge di aver intessuto legami interpersonali mostrando di sé un’immagine diversa da quella con cui più intimamente ci si identifica.

Tutte le persone, infatti, cercano di dare agli altri una buona impressione di sé.

Questo appare particolarmente vero quando interessati a stringere con questi un certo tipo di rapporto, sia esso di natura amicale o sentimentale.

È una dinamica sociale ben nota, avente una chiara funzione evoluzionistica.

Se nell’atto del corteggiamento gli animali cercano di ammaliare gli esemplari del sesso opposto per essere scelti come partner sessuali, negli esseri umani capita di dare di sé l’impressione migliore.

non essere se stessi

Non a caso il famoso sociologo canadese Erving Goffman parla della “vita sociale” come di una rappresentazione.

In questa rappresentazione, i diversi agenti sociali reciterebbero di volta in volta il ruolo che più riterrebbero idoneo per rendere prevedibile e comprensibile il loro comportamento agli occhi degli altri.

Solitamente questo capita per essere scelti nelle diverse sfere della propria vita interpersonale. 

Le motivazioni possono dunque essere diverse e molto soggettive.

PERCHÉ  SI MANIFESTA

Tale dinamica diventa più evidente in due casi:

  • in presenza di una convinzione profonda di inadeguatezza nell’ambito dei rapporti interpersonali;
  • quando è presente un bisogno di inclusione sociale spesso frustrato o intensificato a seguito di dolorose esperienze di esclusione sociale.

In pratica, quando si avverte il forte desiderio di essere accettati, ma si teme al contempo di poter essere giudicati negativamente, si “fingerebbe” di essere una persona diversa da quella che si crederebbe di essere.

Non una persona qualunque, tuttavia, sarebbe quella che si cercherebbe di emulare; piuttosto, quella che con maggiore probabilità si crederebbe di poter essere accettata dagli altri.

non essere se stessi

L’ansia sociale che quindi si vivrebbe sarebbe dunque riconducibile al timore di poter essere scoperti in questo bonario gioco di finzione.

Pena il rischio di ricevere quegli stessi giudizi negativi che hanno motivato a questo bonario gioco di ruolo.

Lo svelamento accidentale di sé, inoltre, verrebbe vissuto con maggiore preoccupazione in quanto, alla critica originariamente temuta, si sommerebbe l’eventuale accusa di falsità per aver tenuto nascosta la propria vera identità.

Questo accrescerebbe la convinzione soggettiva di poter essere allontanati ed esclusi.

Questo dunque lo scenario angosciante di chi si trova a vivere una simile condizione: la paura che le persone con cui si è costruito un legame possano tagliare improvvisamente i rapporti a motivo del comportamento ingannevole tenuto nei loro confronti e dell’inadeguatezza che percepirebbero osservando la persona per come è veramente.




CONSEGUENZE

L’aspetto di rilievo in tale dinamica è che, tanto più i rapporti interpersonali costruiti in precedenza andassero avanti nel corso del tempo, quanto più l’ansia sociale andrebbe crescendo.

Il motivo è rintracciabile a nella maggiore delusione che si penserebbe di poter destare nell’altro, come pure della maggiore importanza che avrebbe acquisito la relazione.

L’interruzione di un rapporto, dopo tutto, è più dolorosa quando si investe più tempo ed energie per mantenerla nel tempo.

Agli scenari di esclusione sociale iniziali si sommerebbero così anche quelli di perdita delle relazioni costruite in precedenza.

Questo comporterebbe un’esperienza affettiva via via sempre più difficile da contenere e gestire.

L’esito finale a cui porterebbe il non mostrarsi per come si crederebbe di essere sarebbe la sensazione di perdere i confini tra il proprio volto e lamaschera” che si sarebbe indossata.

Come se si diventasse un tutt’uno con il personaggio che si fosse impersonato nel corso del tempo.

Inutile dire che ciò porterebbe a vivere la spiacevole sensazione di perdita della propria autenticità, a cui conseguirebbe uno stato disagevole di confusione, ansia e disorientamento.

non essere se stessi

L’ERRORE LOGICO DI FONDO

Se ad una prima lettura tale razionale appare ineccepibile, un’analisi più approfondita non può che mostrarne i diversi errori logici.

Primo fra tutti il fatto di ritenere che le persone con le quali si fosse costruito un rapporto interpersonale non si fossero già accorte di tale gioco di “finzione”.

Il seguire le diverse regole sociali richiede infatti a ciascun attore sociale di recitare un ruolo diverso rispetto a quello che si avrebbe voglia di impersonare.

Questo rende più facile comprendere come la visione di un gioco di “finzione” così sostenuto rispetterebbe effettivamente simili aspettative sociali.

In parole povere, da buoni attori sociali quali siamo, si sarebbe già in grado di comprendere la recita messa in atto nelle diverse dinamiche interpersonali.

La staremmo infatti portando avanti nelle diverse sfere della nostra vita sociale.

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L’ILLUSIONE DI CONTROLLO

Ciascuno di noi è dotato di un certo di grado di “difese psichiche” a protezione del dolore e della sofferenza derivante dalla possibile opera manipolativa altrui.

Sarebbero dunque tali difese a consentire alle persone di non credere al 100% a tutto ciò che verrebbe loro detto o mostrato; a maggior ragione se l’immagine che si starebbe mostrando fosse in qualche modo simile a loro stessi.

C’è sempre qualcosa dell’altro, infatti, nell’immagine che si starebbe mostrando di sé, a motivo del desiderio di essere ben accettati dagli altri.

Tali giochi sociali, tuttavia, vengono spesso riconosciuti dall’esterno, specialmente col crescere dell’età, grazie alla maggiore comprensione di queste normali dinamiche sociali.

Il motivo per il quale spesso non ci si rende conto di questo è banalmente per il fatto che le proprie paure spesso impediscono di confrontarsi con gli altri su questi specifici temi.

Si ha forse un bisogno intrinseco di trovare una protezione dalla sensazione di vulnerabilità che si percepirebbe laddove si mostrasse a nudo la propria persona.

Come una forma di illusione di controllo del modo con cui gli altri ci potrebbero vedere.

COME CI VEDONO GLI ALTRI

Naturalmente, le persone con le quali si stesse mostrato quell’immagine di sé ritenuta più accettabile non hanno sempre ben chiaro il motivo sottostante per il quale si starebbe invece nascondendo l’immagine più vicina alla propria esperienza interiore.

Come descritto in precedenza, infatti, ad essere accessibile agli altri è unicamente il nostro aspetto esteriore e il nostro comportamento.

Vero è, tuttavia, che alcuni indicatori corporei (es., postura, sudorazione) e comportamentali (es., balbettio, tono di voce basso) possano portare chi ci circonda a comprendere immediatamente il nostro stato interiore.

Si pensi ad esempio al rossore del viso, che testimonia meglio di quanto possano fare le parole, il nostro stato di vergogna e imbarazzo.

non essere se stessi

Non a caso, chi sperimenta alti livelli di ansia sociale può temere al tempo stesso di far trapelare all’esterno simili indizi, assumendo quell’atteggiamento diffidente e ipercontrollante che porta paradossalmente ad attirare l’attenzione su di loro.

In pratica, si adotterebbe lo stesso ragionamento anche per quanto riguarda i più comuni indicatori della propria ansia sociale, manifestando nei loro confronti una forte preoccupazione; la famosa paura della propria paura sociale.

Potremmo dunque concludere che, a comprendere un po’ più in profondità chi si starebbe nascondendo sotto la nostra maschera, fossero quelle stesse persone più interessate all’attore più che al personaggio da esso impersonato.




PERCHÉ NON VENIAMO SMASCHERATI

Se così fosse, verrebbe dunque da chiedersi il motivo per il quale tali persone non fossero loro stesse le prime a svelare il segreto che dall’altra parte non si riuscisse a rivelare.

A ben pensare, tuttavia, questo non stupisce.

Se infatti queste persone realmente a cuore la nostra persona, perché esporci a quella sensazione di profondo imbarazzo, quale è quella che potremmo vivere  nell’essere esposti a nudo nelle nostre più intime fragilità?

Ecco dunque come potrebbero vederci gli altri: persone particolarmente sensibili al giudizio altrui.

In pratica, quegli stessi comportamenti, adottati per nascondere quella parte di sé che si temeva potesse venire giudicata negativamente dagli altri, diventano essi stessi un indicatore a disposizione dell’altro per scorgere il nostro vero carattere.

Da qui la scarsa utilità del nascondersi e del non mostrarsi per come si è veramente, come pure della possibilità di essere rifiutati da coloro con cui si sarebbe più intimamente legati qualora ciò dovesse realmente accadere.

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