GUARDARSI DENTRO

guardarsi dentro

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Chissà perché si finisce sempre per credere che guardarsi dentro porti a vedere soltanto aspetti negativi su di sé o sul proprio b.

Chi svolge questa professione impara velocemente “sul campo” che una simile operazione introspettiva offre la possibilità alla persona di sperimentare diverse esperienze e non tutte spiacevoli.

Ne sono un esempio, il ritrovare nei propri ricordi episodi felici legati ad un passato comunque doloroso.

O ancora, il rivivere le sensazioni gratificanti e stimolanti legate al gioco e alla scoperta di qualcosa che inizialmente non si conosceva.

Il brivido dell’avventura, per intenderci.

LA PAURA DI SCOPRIRSI

Riconoscere la possibilità che un lavoro introspettivo possa portare a (ri)vivere esperienze piacevoli non esula naturalmente dal riconoscere la possibilità di (ri)vivere esperienze dolorose.

Molti di coloro che non hanno mai affrontato un percorso psicologico si mostrano tuttavia particolarmente spaventati da questa possibilità.

Temono infatti di toccare con mano una sofferenza per la quale non sono preparati, riscoprendosi un po’ come un bambino di fronte a qualcosa che non conosce.

guardarsi dentro

Spaventa l’idea di vivere tale inconsapevolezza su di sé, specialmente superata una certa età.

CHE ETÀ?

L’età in cui è convenzionalmente accettato non avere opinioni ed obiettivi chiari per sé e il proprio futuro.

Sfortuna vuole che nessuno abbia mai definito chiaramente quale sia questa età.

Accade così che un giovane si trovi come costretto a sapere fin dall’adolescenza quale scuola scegliere per vedere garantito il proprio futuro, quale sport praticare per raggiungere certi livelli, e così via.

Il tutto a scapito della pura e semplice esplorazione, del gioco, della sperimentazione di sé.

guardarsi dentro

Non che gli adulti se la passino meglio!

A loro, infatti, sembra come non essere concessa la possibilità di cambiare opinione su niente e nessuno.

Il tempo della sperimentazione per loro dovrebbe essere già terminato.

Sfido dunque a volersi sentire adulti!

Viene l’ansia  solo a pensarci!

Chi, infatti, può vivere serenamente sapendo di non poter cambiare?

MA È REALMENTE COSÌ?

Un certo grado di coerenza e di consapevolezza su di sé e i propri bisogni è certamente importante.

Tuttavia, bisogni e valori cambiano in funzione dell’età e dell’esperienza.

Ciò che poteva essere appagante in passato oggi può non esserlo più come un tempo.

Assecondare questa naturale spinta al cambiamento appare dunque la via migliore per essere soddisfatti di sé e della propria vita.

Chi, infatti, può vivere serenamente sapendo di non poter cambiare?

SERVE UNO PSICOLOGO PER RAGGIUNGERE QUESTO?

No, o meglio non sempre.

Il cambiamento è un qualcosa che fa parte della nostra natura, e come tale non richiede una figura specializzata perché possa verificarsi.

Delle volte, tuttavia, capita che qualcosa nella nostra vita blocca questo naturale cambiamento.

È allora che uno psicologo potrebbe essere utile.

CHE COSA FAREBBE?

Nient’alto che aiutare chi lo contatta a rimuovere gli ostacoli che impediscono questa naturale spinta a cambiare.

Il lavoro introspettivo serve a questo: a ritrovare la persona là dove si è bloccata

A QUALE SCOPO?

Per ascoltarla, per esempio, capire le ragioni per le quali nel suo cammino ha avuto il bisogno di fermarsi.

Delle volte è soltanto ascoltando alcune parti di noi stessi, sepolte chissà dove nei nostri ricordi, che si ha la possibilità di superare il proprio passato e andare avanti.

Di cambiare, in pratica, o di ritornare se stessi.

È questo, in effetti, il paradosso del cambiamento.

« Una delle ragioni principali della resistenza a comprendere, è la paura del cambiamento: se veramente mi permetto di capire un’altra persona, posso essere cambiato da quanto comprendo »
(Carl Rogers)

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