AMORI NON CORRISPOSTI

amori non corrisposti

scritto da Dr. Alessio Congiu

UNO SGUARDO AL PASSATO

È nel periodo in cui il bambino inizia progressivamente a camminare che il legame affettivo con il genitore si fa più forte.

Ciò non sembra casuale: camminando, il bambino acquista a tutti gli effetti la possibilità di allontanarsi dal genitore.

Questo lo porta a correre il rischio di esporsi a situazioni pericolose, date le sue carenti abilità di sostentamento.

È per questo che, raggiunta una certa distanza, il bambino vive un’intensa ansia.

Che ansia?

L’ansia da separazione, naturalmente.

È questa emozione che lo porta ad interrompere improvvisamente la sua esplorazione.

Il bambino si ferma, si volta, cerca il genitore.

amori non corrisposti

Se lo trova lo raggiunge, prontamente, per avere da questo supporto e protezione.

Sarà questa piccola e semplice dimostrazione di affetto del genitore, infatti, a permettergli di proseguire indisturbato la sua esplorazione.

Ma che cosa capita se il genitore non è mai disposto a rassicurarlo o se lo fa frequentemente in modo ambivalente?

Semplice:

  • il bambino smette di chiedere protezione e supporto;
  • il bambino diventa più lamentoso e richiestivo.




ALTRE VIE PER TROVARE L’AMORE

Nel primo caso, il bambino apprende che lamentarsi non ha alcun tipo di utilità.

Il genitore non verrà, qualunque cosa lui faccia.

Si impara così a fare tutto autonomamente, evitando le relazioni e perdendo nel tempo la capacità di chiedere aiuto in caso di bisogno.

Nel secondo caso, invece, il bambino sa che il genitore può rassicurarlo.

Lo ha già fatto in passato, dopotutto, e potrebbe dunque farlo ancora.

Se non lo stesse facendo sarebbe soltanto per colpa del bambino, in quanto poco desiderabile e apprezzabile.

È questo che si ripete dentro di sé il bambino, interiorizzando un’immagine di persona indegna, poco amabile, indesiderata.

E tanto più quest’idea fosse forte e stabile, quanto più il bambino tenderebbe ad evitare ogni possibile conflitto con il genitore.

Perché lottare per vedere rivendicati diritti che, dopotutto, non si crederebbe di possedere?




RABBIA E AMORE

Se si pensasse di valere, in fin dei conti, la rabbia sarebbe presente.

Eccome se lo sarebbe!

amori non corrisposti

È quello che spesso manifesta il bambino che riconosce la mancata cura del genitore come una punizione ingiusta.

Il problema è che tale vissuto verrebbe manifestato in modo esplosivo al genitore, come per punirlo.

Per cosa cosa?

Per l’ affetto che non si sarebbe dato nel momento in cui ne si avvertiva più bisogno.

È per questo che il bambino si lamenta: per valutare l’effettiva disponibilità del genitore a prendersi cura di lui.

Il genitore spesso non capisce questo.

Se lo avesse saputo, infatti, avrebbe supportato fin da subito il bambino.

Costa caro al genitore questa “miopia emotiva

Da qui a convincersi di essere odiati dal proprio piccolo o di essere un cattivo genitore il passo è breve.

Si avrebbe così un genitore deluso e poco convinto di sé, come pure un figlio deluso e poco convinto di sé.

GIOVANI AUTONOMI CRESCONO

Ecco, immaginate ora quel bambino cresciuto.

In un caso avremmo un adulto capace di provvedere a sé in modo autonomo, ma completamente incapace di manifestare agli altri supporto emotivo e amore.

Un adulto indipendente, insomma, ma freddo, freddissmo!

Incapace di qualsivoglia manifestazione d’affetto.

Come dargli torto, d’altronde?

Mostrarsi forti e indipendenti è stato l’unico modo per questa persona di mantenere il rapporto con un genitore freddo probabilmente allo stesso modo.




GIOVANI DIPENDENTI CRESCONO

Nell’altro caso, invece, avremmo un adulto fortemente dipendente dagli altri, ma caldo.

Forse troppo caldo effetti!

Ogni occasione potrebbe essere buona per mettere alla prova il rapporto.

Il rapporto sentimentale o di amicizia?

Entrambi!

In che modo?

Per esempio non esplicitando mai i propri bisogni emotivi, ma  attendendo che fosse l’altro a comprendere. Quasi come per magia. Per empatia, a dire il vero.

amori non corrisposti

Risultato?

Se l’altro fosse simile al proprio genitore (caso piuttosto frequente), non capirebbe. Non empaticamente, perlomeno.

Quindi?

Il bisogno emotivo si farebbe più intenso…crescerebbe la delusione…si proverebbe rabbia, frustrazione

In breve: un litigio. Uno dei tanti, in effetti.

L’INCONTRO TRA AUTONOMO E DIPENDENTE

Verrebbe quasi da pensare che la cosa forse più utile fosse che l’adulto autonomo incontrasse come per magia l’adulto dipendente.

In questo modo potrebbero infatti soddisfare i loro reciproci bisogni e trovare finalmente una vera stabilità.

Le due metà della mela, giusto?

Non esattamente.

Gli autonomi amano i dipendenti perché questi permettono loro di sentirsi capaci di provvedere a sé in modo indipendente, al punto da essere presi come esempio dagli altri.

Il problema è che lo fanno il più delle volte per i propri interessi narcisistici.

Per sentirsi bravi, capaci e ricevere da parte degli altri quel riconoscimento che in passato è venuto a mancare.

Non proprio per venire incontro ai bisogni emotivi dei dipendenti, come questi vorrebbero.

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I dipendenti, al contrario, si appoggiano completamente agli autonomi proprio per colmare le lacune che crederebbero di avere.

Questo non li farebbe sentire più capaci, ma gli permetterebbe di proseguire quell’esplorazione che in passato era stata interrotta…fino alla prima frustrazione emotiva, naturalmente !

Innescato il motore, infatti, partirebbe un ciclico pretendere che l’altro comprendesse e soddisfacesse ogni loro bisogno emotivo.

Copioni già visti e poco utili, insomma, che finirebbero con il compensare le proprie difficoltà portandole all’esasperazione nel corso del tempo.




COME USCIRNE?

Uscire dalle proprie zone di comfort costa fatica, tanto agli autonomi, quanto ai dipendenti.

I primi vivono con fatica “parlare di emozioni”.

È un linguaggio sconosciuto che fanno fatica ad imparare.

I secondi, invece, hanno difficoltà a stare da soli, a provvedere a sé in modo autonomo

Sentono che qualcuno deve come venirgli in soccorso per salvarli dal rischio di vedere confermate le loro paure di inadeguatezza.

Ecco dunque la possibile strada: costruire relazioni in cui esporsi a quelle situazioni che fino ad ora si sono fortemente evitate.

Mettersi in gioco, in parole povere.

Crescere, dopotutto, non è forse questo?

<< Tutta la crescita è un salto nel buio, un atto spontaneo non premeditato senza il beneficio dell’esperienza >> ( Henry Valentine Miller)

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UNO SGUARDO AL PASSATO

È nel periodo in cui il bambino inizia progressivamente a camminare che il legame affettivo con il genitore si fa più forte.

Ciò non sembra casuale: camminando, il bambino acquista a tutti gli effetti la possibilità di allontanarsi dal genitore.

Questo lo porta a correre il rischio di esporsi a situazioni pericolose, date le sue carenti abilità di sostentamento.

È per questo che, raggiunta una certa distanza, il bambino vive un’intensa ansia.

Che ansia?

L’ansia da separazione, naturalmente.

È questa emozione che lo porta ad interrompere improvvisamente la sua esplorazione.

Il bambino si ferma, si volta, cerca il genitore.

amori non corrisposti

Se lo trova lo raggiunge, prontamente, per avere da questo supporto e protezione.

Sarà questa piccola e semplice dimostrazione di affetto del genitore, infatti, a permettergli di proseguire indisturbato la sua esplorazione.

Ma che cosa capita se il genitore non è mai disposto a rassicurarlo o se lo fa frequentemente in modo ambivalente?

Semplice:

  • il bambino smette di chiedere protezione e supporto;
  • il bambino diventa più lamentoso e richiestivo.




ALTRE VIE PER TROVARE L’AMORE

Nel primo caso, il bambino apprende che lamentarsi non ha alcun tipo di utilità.

Il genitore non verrà, qualunque cosa lui faccia.

Si impara così a fare tutto autonomamente, evitando le relazioni e perdendo nel tempo la capacità di chiedere aiuto in caso di bisogno.

Nel secondo caso, invece, il bambino sa che il genitore può rassicurarlo.

Lo ha già fatto in passato, dopotutto, e potrebbe dunque farlo ancora.

Se non lo stesse facendo sarebbe soltanto per colpa del bambino, in quanto poco desiderabile e apprezzabile.

È questo che si ripete dentro di sé il bambino, interiorizzando un’immagine di persona indegna, poco amabile, indesiderata.

E tanto più quest’idea fosse forte e stabile, quanto più il bambino tenderebbe ad evitare ogni possibile conflitto con il genitore.

Perché lottare per vedere rivendicati diritti che, dopotutto, non si crederebbe di possedere?




RABBIA E AMORE

Se si pensasse di valere, in fin dei conti, la rabbia sarebbe presente.

Eccome se lo sarebbe!

amori non corrisposti

È quello che spesso manifesta il bambino che riconosce la mancata cura del genitore come una punizione ingiusta.

Il problema è che tale vissuto verrebbe manifestato in modo esplosivo al genitore, come per punirlo.

Per cosa cosa?

Per l’ affetto che non si sarebbe dato nel momento in cui ne si avvertiva più bisogno.

È per questo che il bambino si lamenta: per valutare l’effettiva disponibilità del genitore a prendersi cura di lui.

Il genitore spesso non capisce questo.

Se lo avesse saputo, infatti, avrebbe supportato fin da subito il bambino.

Costa caro al genitore questa “miopia emotiva

Da qui a convincersi di essere odiati dal proprio piccolo o di essere un cattivo genitore il passo è breve.

Si avrebbe così un genitore deluso e poco convinto di sé, come pure un figlio deluso e poco convinto di sé.

GIOVANI AUTONOMI CRESCONO

Ecco, immaginate ora quel bambino cresciuto.

In un caso avremmo un adulto capace di provvedere a sé in modo autonomo, ma completamente incapace di manifestare agli altri supporto emotivo e amore.

Un adulto indipendente, insomma, ma freddo, freddissmo!

Incapace di qualsivoglia manifestazione d’affetto.

Come dargli torto, d’altronde?

Mostrarsi forti e indipendenti è stato l’unico modo per questa persona di mantenere il rapporto con un genitore freddo probabilmente allo stesso modo.




GIOVANI DIPENDENTI CRESCONO

Nell’altro caso, invece, avremmo un adulto fortemente dipendente dagli altri, ma caldo.

Forse troppo caldo effetti!

Ogni occasione potrebbe essere buona per mettere alla prova il rapporto.

Il rapporto sentimentale o di amicizia?

Entrambi!

In che modo?

Per esempio non esplicitando mai i propri bisogni emotivi, ma  attendendo che fosse l’altro a comprendere. Quasi come per magia. Per empatia, a dire il vero.

amori non corrisposti

Risultato?

Se l’altro fosse simile al proprio genitore (caso piuttosto frequente), non capirebbe. Non empaticamente, perlomeno.

Quindi?

Il bisogno emotivo si farebbe più intenso…crescerebbe la delusione…si proverebbe rabbia, frustrazione

In breve: un litigio. Uno dei tanti, in effetti.

L’INCONTRO TRA AUTONOMO E DIPENDENTE

Verrebbe quasi da pensare che la cosa forse più utile fosse che l’adulto autonomo incontrasse come per magia l’adulto dipendente.

In questo modo potrebbero infatti soddisfare i loro reciproci bisogni e trovare finalmente una vera stabilità.

Le due metà della mela, giusto?

Non esattamente.

Gli autonomi amano i dipendenti perché questi permettono loro di sentirsi capaci di provvedere a sé in modo indipendente, al punto da essere presi come esempio dagli altri.

Il problema è che lo fanno il più delle volte per i propri interessi narcisistici.

Per sentirsi bravi, capaci e ricevere da parte degli altri quel riconoscimento che in passato è venuto a mancare.

Non proprio per venire incontro ai bisogni emotivi dei dipendenti, come questi vorrebbero.

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Ho letto la Privacy Policy ed accetto

I dipendenti, al contrario, si appoggiano completamente agli autonomi proprio per colmare le lacune che crederebbero di avere.

Questo non li farebbe sentire più capaci, ma gli permetterebbe di proseguire quell’esplorazione che in passato era stata interrotta…fino alla prima frustrazione emotiva, naturalmente !

Innescato il motore, infatti, partirebbe un ciclico pretendere che l’altro comprendesse e soddisfacesse ogni loro bisogno emotivo.

Copioni già visti e poco utili, insomma, che finirebbero con il compensare le proprie difficoltà portandole all’esasperazione nel corso del tempo.




COME USCIRNE?

Uscire dalle proprie zone di comfort costa fatica, tanto agli autonomi, quanto ai dipendenti.

I primi vivono con fatica “parlare di emozioni”.

È un linguaggio sconosciuto che fanno fatica ad imparare.

I secondi, invece, hanno difficoltà a stare da soli, a provvedere a sé in modo autonomo

Sentono che qualcuno deve come venirgli in soccorso per salvarli dal rischio di vedere confermate le loro paure di inadeguatezza.

Ecco dunque la possibile strada: costruire relazioni in cui esporsi a quelle situazioni che fino ad ora si sono fortemente evitate.

Mettersi in gioco, in parole povere.

Crescere, dopotutto, non è forse questo?

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