PRENDERSI CURA

prendersi cura

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Questo è il mio bonsai.

prendersi cura bonsai

Non ha un nome, ma penso che se lo avesse avuto si sarebbe chiamato Giacomino.

Un nome come un altro, certo, ma pur sempre un nome.

Il suo nome.

Ogni giorno, invece, il mio bonsai si sente chiamare con un nome diverso.

Luigi, Antonello, Edoardo, Filippo…

Ho perso il conto dei nomi con cui mi sono rivolto a lui; per gioco, si capisce.

Non penso che gli faccia piacere, ma oramai si dev’essere abituato.

CONVIVENZE FORZATE

Mi piacerebbe scrivervi di averlo sempre avuto e di avere con lui un legame speciale; di annaffiarlo con amore ogni giorno, proteggendolo da parassiti, sbalzi termici, piogge  e così via; ma non è così.

La verità è che ci troviamo a condividere lo stesso appartamento da non più di qualche mese.

Lo annaffio, questo sì, ma occasionalmente e il più delle volte per senso del dovere.

So infatti che non resisterebbe a lungo senza il mio supporto e l’idea di vederlo rinsecchire non mi entusiasma.

Non posso pretendere che si innaffi da solo, dopotutto, ma l’ho spesso desiderato.

Speranze vane, fino ad ora.

Certo, ho scelto io di acquistarlo, chi lo nega?!

Ma è stato probabilmente un acquisto poco ragionato.

Ci si è incontrati e si è deciso di provare questa convivenza.

Non ci lamentiamo, questo è vero.

Ognuno ha i suoi spazi e i reciproci impegni ci portano a vederci poco in casa.

Siamo coinquilini rispettosi e questo ci basta.

Il rispetto, in fondo, viene prima di tutto.

Ecco, non si può dire tuttavia che tra noi sia presente un gran rapporto.

prendersi cura piante

Non vivrei come un dramma se improvvisamente venisse a mancare.

Come si suol dire: << Morto un papa se ne fa un altro! >>.

E delle volte anche quando non si muore.

L’ARTE DEL PRENDERSI CURA

Direte voi, che c’entra tutto questo con il discorso del prendersi cura?

Direste bene, in effetti.

Niente!

Prendersi cura è un’altra cosa.

L’esatto opposto, in effetti.

Eppure delle volte si finisce per il trattare le persone come bonsai.

Le si sceglie, così come si fa con una pianta al supermercato, senza dare alcun valore a questa scelta.

Senza dare alcun valore alla persona.

Una vale l’altra, a patto che rispetti alcune caratteristiche.

Quali?

Beh, quelle che crediamo possano permetterci di abbellire la nostra vita.

Il resto conta poco.

Che importa quali bisogni possa avere quella persona?

L’importante è che assolva alla sua funzione: abbellire.

Niente di più.

E se ci si stanca basta semplicemente trovarne un’altra a buon mercato, esattamente come una pianta.

Ne è pieno il mondo di bonsai.

Anche di persone, in effetti.

VITA DA BONSAI

Il problema è che spesso siamo noi i bonsai della situazione.

Veniamo usati per abbellire l’esistenza di persone che puntualmente si mostrano poco interessate ai nostri bisogni, alla nostra persona.

A differenza dei bonsai, infatti, noi non rinsecchiamo senza quelle cure e quel supporto.

Non alla vista degli altri, per lo meno.

Le ferite ce le portiamo dentro, mostrandole a pochi, a volte a nessuno

Non tutti hanno il pollice verde, in fin dei conti.

Occorre essere abili a comprendere ciò che non viene detto, a leggere dietro quei sorrisi di circostanza che delle volte si fanno.

prendersi cura

Delle volte fingere costa meno fatica che stare lì a spiegare.

Ferisce non essere compresi, ma ferisce di più quando l’altro continua a non capire dopo che glielo si è spiegato.

Fa sentire ancora più soli nel proprio dolore.

Non tutti sanno capire. Non tutti ne hanno voglia.

Eppure basterebbe così poco.

Un po’ di attenzione , niente di più.

Speranze vane, anche queste.

NON SEMPLICI ATTENZIONI

Non bastano semplici attenzioni.

Possono bastare alle piante.

Neanche a tutte, tra l’altro.

Le persone hanno bisogno di sapere che c’è qualcuno che tiene a loro, che dà loro importanza, qualcuno che le tratti come se fossero speciali.

Perché lo sono.

Anche le piante, in effetti.

Quando l’ho preso il mio bonsai aveva dei bellissimi fiori bianchi, che ora non mi mostra più.

fiori bianchi bonsai

Ha capito che le cose belle vanno mostrate solo a chi sa apprezzarle, a chi è capace di coglierne il vero valore.

Potrei giustificarmi, pensando che oramai siamo in autunno, che non è più tempo di fiori e germogli vari.

Chissà perché, però, la mia anziana vicina riesce sempre a farli sbocciare.

FRAGILI E SAGGI

Dovremmo imparare dai bonsai.

Anche dagli anziani, in effetti.

Sembra che chi è più fragile sia più abile a cogliere il senso di molte cose.

Cose che il più delle volte sfuggono agli altri.

Forse che la fragilità, così ripudiata e scansata, non serva proprio a questo?

A farci comprendere meglio gli altri e noi stessi?

Forse che non sia proprio questo continuo ostentare forza e sicurezza a renderci così bisognosi di addobbare una vita a tratti vuota e sterile?

Chissà.

Per quel poco che posso dirvi, so che ora Giacomino è qui, davanti a me; mi guarda e non risponde, lasciandomi con tanti dubbi e un’unica certezza:

<< E’ il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante >> (Antoine de Saint-Exupéry)

come essere felici

 

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